Di tutte le cose presenti in terra e nel cielo, Tea l’aviatrice, aveva un’opinione ben precisa.
Sapeva fin da piccola quali fossero le cose che preferiva in assoluto: degli strumenti, la tromba, delle stagioni, l’estate, dei cibi la frutta, e di tutta la frutta, le ciliegie.
Tra il mare e la montagna preferiva il mare, tra i mari il Mar Ionio (l’aveva scelto perché le piaceva il nome), tra gli animali, le papere, perché le mettevano allegria ovunque le vedesse.
Tea amava scrivere ciò che le piaceva su un quaderno blu a righe grandi che portava sempre con sé, perché non voleva correre il rischio di dimenticare qualcosa. Eppure qualcosa che non quadrava c’era, ma cosa poteva essere? Che sciocca! Non aveva ancora scelto il suo fiore preferito.
“Beh farò presto” pensò, “Tra così tanta bellezza, non sarà difficile scegliere”.
E così prese in mano il Compendio internazionale dei fiori del mondo e iniziò a sfogliarlo.
Tea dovette ammettere che, a parte qualche rarissima eccezione, i fiori del mondo erano praticamente tutti belli, anche quelli più strani, anche quelli pelosi. Ma si rese anche conto che, di tutta quella miriade di petali, sepali, pistilli e stami, nessuno la convinceva, nessun fiore la rappresentava in pieno.
Allora decise di creare il suo fiore perfetto.
Un grande vaso ce l’aveva, di terra ne era pieno il mondo, il sole avrebbe fatto il resto; ora le mancavano solo gli ingredienti da piantare.
Il suo fiore doveva essere bello (su questo non ci pioveva) e così prese il suo biplano a motore e in un pomeriggio volò su tutti i luoghi più belli della terra raccogliendo la bellezza da trapiantare poi nel vaso.
Volò su Parigi e su Mosca, sulle cascate del Niagara e sulla valle del Jiuzhaigou in Cina, passando per la Birmania e tra i fiordi Norvegesi. Sfrecciò tra le nubi vaporose delle Antille e raccolse i riflessi dei Caraibi. Volò su tutta l’Italia senza dimenticarsene nemmeno un centimetro. Volò ancora e ancora un po’, fin quando i suoi occhi poterono ritenersi soddisfatti.
Il suo fiore doveva essere profumato, e così salì di nuovo sul suo biposto e corse a Damasco a prendere mirra, incenso, aloe, nardo e terebinto. Li mescolò tutti insieme e li lasciò prendere aria in volo affinché il loro profumo non fosse troppo forte, perché il suo fiore sì, doveva essere odoroso, ma delicatamente.
Ora le occorreva un colore, ma poi perché un solo colore? Così salì di nuovo tra i cieli e iniziò a rubare i colori del tramonto, dell’alba, delle nuvole.
Il suo fiore doveva avere un po’ di nostalgia, così volò indietro nel tempo, raggiunse sua nonna nei prati, la baciò sulle guance, e tornando nel presente raccolse due lacrime, che le scesero una da un occhio, una dall’altro. Avrebbe annaffiato il terreno con quelle.
Ormai le sembrava di aver procurato quasi tutto, gli ingredienti c’erano, ma Tea aveva ancora bisogno di qualcosa, stavolta non prese il suo biplano, ma si avventurò a piedi nel bosco perché quello che cercava si trovava solo a terra. Tea andò tra gli alberi fitti, dove poca luce arrivava e si sentiva profumo di funghi ed animali, si destreggiò tra dirupi e torrenti fin quando arrivò di fronte ad un roveto, staccò una spina e se la portò via.
Perché il suo fiore aveva tanti ingredienti, tutti così speciali, che non doveva mancare qualcosa che potesse proteggerlo da mani disattente o negligenti.
Tea l’aviatrice piantò tutto nel grande vaso, dopo averlo riempito di terra e di parole buone, lo caricò sul suo biplano e lo portò in alto nel cielo, dove l’aria è fresca e il sole arriva prima.
Dopo nove mesi in volo, nacque il suo fiore perfetto e Tea l’aviatrice gli diede il nome di sua nonna.
Benvenuta al mondo, Rosa.
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Attraverseró tutte le strassen, prenderò ogni numero di strassenbahn, scavalcheró le baustelle che riempiono la città, sopporteró l’incontro con ogni trunkenbold tifoso che oscillerà sul mio cammino, ma alla fine riuscirò a trovare 40g di petali di rosa da cogliere, anche in questa in- attrattiva Germania. Tea sarà un must. Grandissimo Luca
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