La città è una lotta contro il tempo. I semafori, le ombre, i riflessi alle finestre: tutto diventa un nuovo metro involontario che misura le distanze.
Le ore si dilatano, come la fisarmonica di un cieco che suona all’ingresso della metropolitana. I clacson che suonano all’impazzata, il traffico bloccato, il marciapiede pieno di gente che va per la sua direzione. Sguardi. Sguardi che si perdono, sguardi che si trovano, sguardi che non si incrociano, nell’essenziale frenesia di una giornata comune.
Un hot dog preso al volo, tra mega video wall luminosi, che cambiano, cambiano di nuovo, tornano i primi, ma già non sono più gli stessi. Già sono vecchi.
E il fumo, o meglio il vapore, e la città: uno scrigno di metallo e cemento che respira. Che riflette, che ci riflette.
Perché la città siamo noi col nostro incedere distratto, le nostre mosse storte, i dubbi atavici che ci rendono piccolissimi, di fronte all’immensità che gratta i cieli.
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Buonissimi i burgers! Quanto alla storia..sei troppo un poeta!
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